Lecce, Chevanton e la depressione: “Volevo morire!”
A Lecce amano un giocatore come nessuno: Ernesto Javier Chevanton. Il centravanti uruguaiano di Juan Lacaze ha scritto pagine indelebili della storia giallorossa e vive in città, avendo sposato una donna del posto. Ha allenato anche nel Settore Giovanile, ricoprendo vari incarichi. Attualmente è un collaboratore tecnico del c.t. Davide Mazzotta a Malta. Ha militato per i colori salentini dal 2001 al 2004, poi nelle stagioni 2010-11 e 2012-13. Con un totale de 64 gol fatti tra serie A serie B serie C e Coppa Italia. Classe 1980, ha raccontato alla “Gazzetta dello Sport” la sua storia con la depressione a cuore aperto: “Le pillole finivano solo per stordirmi. Avevo bisogno di affetto e chi mi stava vicino non me l’ha dato. Finché una sera sono stato a un passo dal farla finita, per fortuna non è successo”. L’ex attaccante argomenta meglio le fasi del suo dramma personale: “Sei mesi dopo aver smesso di giocare, torno a casa e poi… il buio. Piangevo senza sapere perché, volevo solo dormire. Se andavo fuori, sentivo una fitta al petto. Facevo due gradini e dovevo tornare dentro. Le pillole, poi, finivano solo per stordirmi. Nessuno può capire la depressione se non l’ha conosciuta. Avevo bisogno di affetto e appunto chi mi stava vicino non me l’ha dato. Finché una sera sono stato a un passo dal farla finita, per fortuna come ho detto non è successo”. Spiega anche come si esce da questo male oscuro: “Facendosi aiutare da specialisti, psicologi, psichiatri. Condividendo la tua esperienza con chi ha lo stesso problema: la depressione tra gli ex calciatori è molto più comune di quanto si pensi. C’è una forza che ti tira su quando stai affondando: serve tempo e aiuto, ma tutti possono salvarsi. Se ne parla poco e niente, l’ho detto pure a Coverciano. Nessuno è davvero preparato per il momento in cui smetterà di giocare, soprattutto se non ha altro che lo accenda fuori. Il mio male veniva da lontano: l’ho accumulato negli anni, poi è esploso”. Oggi fa anche il contadino ed è sereno, sembra aver colto il senso della vita: “Vado nella mia tenuta la mattina presto e faccio lavoretti da subito: ora sto costruendo una voliera di 11 metri. Poi do da mangiare agli animali, curo l’orto. A volte, vado via la sera senza neanche pranzare. Oltre alla campagna, c’è la palestra, almeno tre volte a settimana. Ora faccio kickboxing, mi alleno più adesso che prima… . Rispetto tutti, ma ho capito che questa è la vita vera. Anche io ho conosciuto il lusso, ma non ero felice davvero. Adesso mi bastano piccole cose per stare sereno: andare a pesca, piantare qualche lattuga, dare vino, olio e uova ai vicini. Se sono felice? Non lo so, ma faccio quello che mi fa stare bene, senza obblighi, e non manca mai un piatto caldo a me e alle mie figlie che adoro. In questa quiete mi riprendo il tempo che non avevo per scavare dentro me stesso. E voglio invecchiare qui, con i miei animali, nel mio Salento”.
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