I PUNTI DEL RICORSO JUVE AL COLLEGIO DI GARANZIA

4 Marzo 2023 alle 11:43

Tuttosport ha reso noti i punti del ricorso presentato il 28 febbraio dalla Juventus al Collegio di Garanzia dello Sport. Secondo la visione del club, non sono poche le storture giuridiche della sentenza che ha assegnato 15 punti di penalità alla Juventus:  manca un giusto processo nel quale siano garantiti i diritti minimi a chi si difende; mancano i presupposti per la revocazione, visto che i “fatti nuovi” erano in realtà noti all’epoca della sentenza di assoluzione; mancano anche le basi tecniche per l’accusa principale, ovvero quella di aver creato un  “sistema fraudolento in partenza”.

Tra l’altro, secondo il club ricorrente sussisterebbe un vuoto normativo che era stato rilevato anche dalla Corte d’Appello federale quando aveva assolto tutti i deferiti dalla Procura per il “caso plusvalenze” il 27 maggio 2022. Da segnalare, dunque, l’assenza diparametri normativamente sanciti per attribuire un valore ai diritti alle prestazioni sportive di un giocatore, con la conseguente impossibilità di valutare come “rilevanti” in sede disciplinare le plusvalenze generate dalle 15 operazioni di compravendita contestate alla Juventus.

 

Assenza dei fatti nuovi legittimanti la revocazione della sentenza di assoluzione

Si contesta, dunque, il presuposto della revocazione della sentenza di assoluzione della Corte d’Appello federale. Il ricorso sostiene che, rispetto al 27 maggio 2022, non è cambiato niente:“L’appunto denominato “Libro nero di FP e gli appunti sulle trattative”, ove compare la X, nulla contengono per attribuire il connotato di fittizietà ai valori di cessione delle suddette operazioni. In nessuna conversazione intercettata e in nessun documento acquisito si rinviene alcun riscontro di sorta per sostenere, ad esempio, che il valore del calciatore Vrioni, ceduto dalla Juventus per 4 milioni fosse pari a 600mila (valore attribuito dalla Procura Federale), oppure che il valore del calciatore Brunori fosse davvero contenuto in 400mila (valore attribuito dalla Procura) e non fosse, invece, maggiore come da operazione. In realtà le intercettazioni e le acquisizioni documentali delineano soltanto uno scenario di carattere generale, in cui emerge l’interesse, anche per finalità bilancistiche, a concludere operazioni produttive di plusvalenze, oltre alla consapevolezza di aver concluso molteplici operazioni incrociate, ma nulla di più e soprattutto nulla che dimostri attività illecite o anche solo irregolari”

E poi quelle intercettazioni erano davvero “fatti nuovi”? Perché, detto che l’articolo invocato dalla Procura per la revocazione (il 63 CGS CONI) non contempla la revocazione per «fatti nuovi la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa pronuncia», ma solo «un errore di fatto», si può anche discutere sulla reale novità di quei fatti. E il ricorso infine aggiunge aggiunge: «In buona parte non sono fatti nuovi, ove si consideri che, già al momento del deferimento del 2022, la Procura Federale conosceva i decreti di perquisizione della Procura della Repubblica di Torino – ove i comparivano i contenuti delle conversazioni telefoniche ritenute di maggior rilievo – e aveva altresì contestato ai deferiti l’intenzione di realizzare le plusvalenze per motivi di carattere economico-finanziario e non per esigenze tecnico sportive”. Chiné, insomma, aveva già quasi tutto il materiale utilizzato per la revocazione (ben prima di avere a disposizione le 14mila pagine dell’inchiesta torinese) e aveva già accusato la Juventus e i suoi dirigenti dei fatti per i quali la Corte aveva assolto tutti. Il ricoorso dice: “In buona parte non sono fatti nuovi, ove si consideri che, già al momento del deferimento del 2022, la Procura Federale conosceva i decreti di perquisizione della Procura della Repubblica di Torino – ove i comparivano i contenuti delle conversazioni telefoniche ritenute di maggior rilievo – e aveva altresì contestato ai deferiti l’intenzione di realizzare le plusvalenze per motivi di carattere economico-finanziario e non per esigenze tecnico sportive». Chiné, insomma, aveva già quasi tutto il materiale utilizzato per la revocazione (ben prima di avere a disposizione le 14mila pagine dell’inchiesta torinese) e aveva già accusato la Juventus e i suoi dirigenti dei fatti per i quali la Corte aveva assolto tutti.

 

Il cambio del capo di imputazione

La Corte è arrivata “ad una sentenza di condanna non correlata con l’atto di deferimento». Spiega il ricorso:” La Corte d’Appello Federale, solo nel segreto della camera di consiglio, ha deliberato su un nuovo e autonomo tema decidendo, senza alcun contraddittorio con la difesa dei deferiti. tale modo di procedere si è così inevitabilmente risolto in una grave e palese violazione del diritto di difesa e del diritto al contraddittorio ai sensi dell’articolo 24 della Costituzione, oltre che dei principi del giusto processo, richiamati, come noto, anche dall’articolo 2 del Codice di Giustizia del Coni e dal 44 di quello della Figc”.

 

Assenza di un sistema fraudolento

C’è infine un altro punto interessante, fra molti toccati dalle oltre 90 pagine del ricorso: “L’addebito di aver realizzato un sistema fraudolento in partenza è smentito già dalla preliminare considerazione per cui le plusvalenze hanno inciso solo in minima parte sul totale dei ricavi del club. Nel triennio dal 2018 al 2021 i ricavi della Società ammontano a 1,675 miliardi di euro, le plusvalenze contestate come fittizie nel deferimento sono pari a 60 milioni, rappresentando solamente il 3,6% del totale dei ricavi”.

 

di Valerio Carlesimo
Agnelli Juventus

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